mercoledì 18 luglio 2012

D di eufonico.


Non tornavo su questo blog da molto tempo, e se non fosse stato per l'incentivo datomi da una nota tennista torinese, probabilmente, non lo avrei aperto nemmeno oggi. Il motivo? Mi sento in colpa. Ma non è un senso di colpa rintracciabile nel fatto che non scrivo un misero post da mesi, non è nemmeno una sensazione di fallimento per il blocco dello scrittore, è più un sentimento di paura scolastica. La stessa ansia che ti assaliva quando scoprivi di aver giocato tutte le giustificazioni di fisica e ti portava a dire comunque alla professoressa incinta "Prof, mi giustifico!" "Ma Ravasio, non hai più giustifiche..." "Ah ops" sperando che capisse che non sapevi niente di niente di quei modelli atomici e che il suo istinto materno recondito (reso forte da un pancione tondo tondo) avesse la meglio su anni e anni di razionalissime equazioni. Dunque dicevo, è quello, è quel morso allo stomaco lì. Il motivo? Sono nel torto. Ho sbagliato. Secondo il mio nuovo Vangelo la d eufonica non sta bene con tutto, non è come il nero, la d eufonica va usata con parsimonia, e io nei miei post ne ho abusato. Ma adesso basta, ora regolo i conti con il passato e risolvo la situazione. Con le mie tempistiche, terminato il lavoro, il Concilio degli Editori Anonimi della Conclave della Santa Inquisizione della Crusca avrà cambiato nuovamente le carte in tavola, però a quel punto io avrò perso la vista a furia di correggere il correggibile e andrà bene così.

domenica 11 marzo 2012

Agnese

L'altra sera sono andata a cena in un'enoteca. A fine serata Agnese si è avvicinata nei suoi 120 cm e mi ha chiesto di disegnare sul menù gli amici seduti al tavolo con me. Il primo non ha destato problemi, il secondo era su uno sgabello e il terzo era vestito da ballerina, con le braccia fatte di nuvole e "A lui ci metto i denti". Mentre bevevo il caffè poi mi ha dedicato alcuni brani del suo repertorio. L'inizio è stato uno scontato, ma mai banale, remix di Lady Gaga, seguito da un monologo-filastrocca molto corporale e veloce (nel quale ha tentato di coinvolgermi), infine, tra una risata isterica e l'altra mi ha proposto una rivisitazione di "Au se te pego". Quando le ho detto "Sai cosa significa Au se te pego?" mi ha risposto "Ti ammazzo". Non è finita qua, terminata la hit, ha proseguito cantando in esperanto una sua composizione, ritmicamente ben costruita, il cui ritornello era, se non erro, "Sandasghen". Durante questa improvvisazione lampo si è distratta: in strada stava transitando un camion della nettezza urbana. L'ha guardato, mi ha guardato e mi ha detto "Lì dentro è pieno di bambini", ma non è bastato questo a gelarmi il sangue. Ripreso il suo piccolo teatrino è entrato suo padre e seriamente le ha detto "Agnese, però fallo bene, non devi ridere". Uscendo ho pensato che Agnese, in tutti i suoi 9 anni e mezzo, sia la persona più inquietante che conosca.


mercoledì 4 gennaio 2012

8 ore d'estate, 12 ore d'inverno.


L'altro giorno ho scoperto che gli gnocchi cinesi quelli che mangio sempre quando vado al ristorante cinese, l'unica cosa che mi soddisfi davvero al ristorante cinese, quelli che ti domandi "Perché li chiamano gnocchi? Son piatti e viscidoni", vengono venduti secchi, sembrano pezzi di polistirolo usato e devono essere messi a mollo per 8 ore d'estate e 12 ore d'inverno. Quale sia il motivo di queste quattro ore di differenza? Non si sa. Come facciano i ristoratori cinesi a sapere quanti gnocchi utilizzeranno? Nemmeno. Conseguenza? Ne fanno molti e li usano per giorni e giorni. Quindi? Ora che andrò al cinese non saprò più che cosa mangiare. Che poi non è che ci vada così spesso, però mi gira il cazzo.

La Zuppiera di Piera

Prima delle vacanze sono andata a pranzo con mio padre e mio nonno Ortensio alla Zuppiera, un albergo-ristorante dove Dario Argento avrebbe potuto girare qualche film e che credo Kubrick abbia usato come modello per il suo Overlook Hotel. Detto questo, mio nonno va a rifocillarsi dalla signora Piera da quando quella povera santa di mia nonna era ancora in vita, e da allora credo che prenda sempre: salamino di antipasto, tagliatelle con il sugo di stagione e se c'è il cotechino. La dieta perfetta per un diabetico, ma su questo sorvolerei.

Per la prima volta, durante quel pasto frugale (che dura in media quasi 2 ore), io e mio nonno abbiamo intrapreso un lungo discorso sui problemi relazionali della nostra famiglia, su come mai quello non parla con quella, su perché lui si è lamentato dell'eredità e su come mai lei non fa gli auguri nemmeno per Natale. Ci siamo confrontati, scontrati, incoraggiati e scoraggiati a vicenda sulle tristi sorti dell'incomunicabilità fino al dolce: la famosa zuppiera (ovvero una zuppa inglese rimaneggiata). Finalmente anche mio padre, che sedeva in religioso silenzio da almeno mezz'ora, ha deciso di dire la sua. Come un animale che si sveglia dal lungo letargo invernale ha alzato la testa e guardato dritto davanti a sé, e con tutta l'aria di qualcuno che sta per svelare al mondo un pensiero profondo, guardando la cameriera che se ne andava con le ordinazioni, ha detto estaticamente: "Secondo me, quella lì è moldava: ha il culo grosso."

UN CAPODANNO DA RICORDARE

A Capodanno ero ubriaca alle 22 e 16 per questo non mi ricordo molto bene come si siano svolti i festeggiamenti. Quello che so di sicuro è che 5 minuti prima della mezzanotte ero in bagno e che quando sono uscita c'erano almeno 3 gruppi diversi che facevano 3 countdown diversi spruzzando spumante in 3 punti diversi, quindi il momento della mezzanotte non l'ho tanto sentito.

Per quanto riguarda il resto, della mia serata, che copre un arco che va dalla suddetta mezzanotte alle 7 di mattina ecco quanto mi ricordo:

1. Giulia che mi dice "Ho il pectus escavatus è per questo che mi è venuta la polmonite l'anno scorso" ed il suo fidanzato che risponde "Quel petto è un buon posto per metterci il pene!"
2. Giulia l'altra che balla sulla scrivania della sala conferenze scaldando vari Tony Esposito.
3. Io e Giulia (quella della scrivania) che entriamo nei locali privati per prendere qualcosa sperando di beccare qualcuno che fa del gran sesso, e invece niente.
4. Uno vestito con lo smoking come 007 (soprannominato per questo 007) con una grossa cicatrice in faccia che mi ha raccontato una storia molto commovente che ora però mi sfugge.
5. Io che vado a prendere una bottiglia di pastis mentre Gala pompa nella sala conferenze.
6. Linda ubriaca marcia.
7. Io che dico alla nipote di Celentano "Ma tu sei la nipote di Celentano!".
8. La milf dietro liceo davanti museo.
9. I cingalesi che ballano in pieno stile Bollywood.
10. Io alle 7 di mattina che imploro tutti di continuare l'after party karaoke e canto "One Love" di Bob Marley.

Credo di non aver dimenticato nulla, ah, si, le Oba-oba ed il ballo del pannolone di Cela.




mercoledì 16 novembre 2011

I Roncatos


I signori Roncatos vengono da Biella e oggi vanno al Museo dell'Automobile di Torino. Hanno preso il treno con un'ora di anticipo così possono arrivare puntuali per l'apertura. Il signor Roncato è uno che non si fa fregare facilmente, l'ho scoperto perché parlava con un'altra signora della sua nuova tariffa con Infostrada che a quanto pare è molto più conveniente rispetto a quella che aveva con Telecom, che poi adesso non fosse per l'ADSL lui non vorrebbe nemmeno il telefono fisso, tanto ha il cellulare, e quelli della Tim con 10 euro al mese ti danno tantissimi minuti di chiamate gratis, gliel'ha detto suo figlio Alberto. E qui interviene la signora Roncato che dice giustamente che "Solo se fai l'abbonamento, se no ti fan pagare un euro al minuto! Ma pensa te, una volta con 500 lire parlavo per almeno un quarto d'ora..." ed il suo sguardo si perde contemplativo. Comunque dice il signor Roncato che quelli di Infostrada sono migliorati, hanno finalmente in gestione le loro linee e non ci vuole molto per fare il passaggio, solo internet non funziona, ma tanto lui è in pensione e quindi non ha fretta. E poi se uno ha proprio bisogno si collega usando uno smartphone come ponte, però gli smartphone costano minimo 400 euro, quindi tanto vale aspettare e risparmiare. Lui facendo così risparmia 360 euro all'anno. La signora Roncato in tutto questo non apre bocca, togliendosi la giacca per una caldana ha incastrato le frange nella cerniera e ora è una bella fatica liberarsi. La sciarpa è pure di cashmire, non la mette mai perché lascia i pelucchi rossi, però è una bella sciarpa di quelle che tengono caldo. In tutto questo il signor Roncato continua a raccontare le sue avventure con i cellulari, una volta erano sul traghetto a Genova per andare non si sa dove, e si è sporto con il cellulare nel taschino della camicia. Ovviamente l'apparecchio è volato di sotto, però per fortuna è finito su una pila di corde e non si è rotto. Ci hanno messo un po' a trovarlo, grazie a Dio si ricordava il numero a memoria per chiamarsi da solo, se no era un bel pasticcio, non per il Nokia da 40 euro, ma perché avrebbe perso tutti i numeri della sim. La signora Roncato interviene per dire "Che ridere, è corso giù veloce come un fulmine e lo cercava facendolo suonare col mio, ed io dall'alto lo vedevo lampeggiare e urlavo per dirgli che era lì, ma lui non sentiva, allora niente" e ritorna sulla sciarpa. Ogni tanto alza gli occhi e con uno strano tic li fa sorridere. Adesso il signor Roncato parla con un'altra signora che a quanto pare ha un labrador, ma lui non è tipo da cani. La signora Roncato interviene e dice "Guarda che bel panorama!", ma nessuno la considera, l'argomento ora è scottante, si sta parlando di mala sanità. Il signor Roncato è stato un pezzo grosso all'ospedale di Biella, ma è in pensione da un po', da quando ha compiuto 58 anni e mezzo. La signora Roncato ce l'ha fatta, ha tolto la sciarpa dalla cerniera, ma la stoffa si è bucata, poco importa, taglia quel pezzettino e ci fa fare un orlo dalla sarta. Che poi non gliene importa molto perché non la usa mai, preferisce quella rosa o quella beige. Il signor Roncato non sta ascoltando, gli si è contratto un muscolo della coscia e cerca invano di superare il disturbo tendendo la gamba. La signora Roncato ripete che la catena montuosa è stupenda, che la sciarpa si può sistemare e saluta le due signore che scendono a Porta Susa, poi si gira verso il marito e gli boffonchia che andare in senso contrario le ha fatto venire la nausea, si alza e si siede vicino a me, profuma di pulito. Il signor Roncato in tutto il suo maglione azzurro mi sorride con quei dentini che si ritrova, apre le mani come quando dice il Padre Nostro in Chiesa poi guarda la moglie e dolcemente le dice "Vado un secondo in bagno".

martedì 8 novembre 2011

Stella polare


Alexander ha circa 30 anni, ma la parola circa non gli piacerebbe, perché Alexander non è uno da più o meno, non è uno che approssima, non è un pressapochista. Ogni giorno Alexander viene in palestra alla Stella Polare, si mette le cuffie, prende la sua bottiglia di acqua Guizza frizzante ed inizia ad allenarsi con una media costante di 3 ore al giorno. Innanzitutto fa stretching, lo fa per ogni singolo muscolo di ogni singola parte del corpo, lo fa per un'ora, e non sgarra mai. Dopo aver riscaldato ogni zona del suo corpo inizia ad allenarsi intervallando esercizi bruti a folli, i tricipiti agli addominali, prendendo la squat ball e facendo cose che costringerebbero chiunque altro su una sedia a rotelle. Dopo tutto questo can can ricomincia a fare stretching, ed è qua, che riscaldato, dà il meglio di sè. Alexander ha un fisico ineccepibile, e lo posso dire perché a volte, quando è estremamente sudato, si tira su la sua canotta grigia e si asciuga il volto: ed in un attimo ecco la copertina di Men's Health. Ma la cosa più assurda di Alexander non è quando fa la spaccata in aria, nemmeno quando facendo gli addominali dimostra a tutti di essere in grado di farsi un pompino da solo, no, l'aspetto che più lo caratterizza è che quando è fuori dalla palestra si veste e si comporta come se fosse una star hollywoodiana: abbigliamento sportivo, cappellino, cappuccio, testa bassa e sguardo furtivo. Per questo e per la sua somiglianza con Eric di True Blood ho deciso di chiamarlo Alexander. Alexander o come diamine si chiami davvero, non ha difetti evidenti, se non uno, misero ed insignificante. Ieri mentre uscivamo dalla palestra in un circolo di sbarre, pulsanti da schiacciare e cancelli, gli ho tenuto la porta e lui squittendo mi ha risposto "grazie", con la voce più stridula che si potesse mai immaginare.