
Da piccola soffrivo di aracnofobia, bastava un semplice ragno sul soffitto per non farmi chiudere occhio. Mia nonna, per farmi superare questa stupida paura, prendeva il ragno in questione (a volte salendo su una sedia) e, tenendolo per un filo della ragnatela, lo faceva ballare.
Più o meno quando avevo la stessa età ero solita trascorrere gran parte delle mie vacanze estive nel paesino natio della suddetta: Lequio Berria, un posto relativamente abbandonato da Dio. Pur di farmi divertire in quella landa desolata dove l'età media si aggira intorno ai 70 anni, mia nonna creava con rocchette e fili dei cani con cui io potevo andare a passeggio. Quando ero in campagna da lei poi andavamo sempre a caccia di funghi e more, molte volte però questi erano solo una scusa per fare una bella passeggiata nel verdone. Quando si aveva voglia di camminare mia nonna, prendendo la strada che dietro casa sua porta a Manera, mi portava tramite stradine sterrate di sentierini di viottoli di ciottoli in una sorta di bosco nascosto, dove c'era in uno spiazzo un grande tavolo di pietra, con delle panche di pietra, e una casetta sull'albero. Non ho mai saputo chi avesse costruito il rifugio, ora, dopo anni, so per certo che lì qualcuno ha perso la verginità. La gita poteva anche spingersi dal lato opposto, all'acquedotto sopra casa di Mabilina, passando per un immenso campo di girasoli. Lungo quella strada c'era un'altra casina, di latta, dove secondo me viveva qualcuno. Credo si trattasse di un capanno per gli attrezzi, forse ci stava un barbone, più probabilmente anche in questo caso era un semplice rifugio per scappatelle amorose. Io ho sempre voluto credere che fosse la casa della strega di Hansel e Gretel, e questo, ancora oggi, mi fa paura.
Nella sua casa, punto di partenza di tante gite, mia nonna ha un fucile molto vecchio, credo che sia di suo padre. Lo tiene nascosto nel sotto tetto insieme a mille topi bianchi e dei bauli di cui lei stessa ignora il contenuto. Una volta, dopo che sono venuti i ladri, mi ha detto "tornino pure, li aspetto con questo". Quella volta ho pensato che fosse la donna più coraggiosa del mondo. Solo tempo dopo mi ha raccontato come è sfuggita ai tedeschi che le hanno rapato i capelli, cosa vuol dire avere un marito che si ammala e muore nel giro di pochi anni ed essere l'ultimo personaggio della sfortunata storia di una famiglia che inizia con un adozione e finisce con un incidente in macchina.
Io probabilmente mi sarei già gettata nel Belbo, ma lei no.
Lei è una dura di altri tempi e la foto che ho sul frigorifero lo testimonia. E' in piedi sul ponte di Cuneo, indossa pantaloncini corti, scarponcini da montagna e un mitra. Ha i capelli corti pettinati splendidamente e sorride. Sembra una pin up, ma il suo sguardo è incazzato, nero. Ricordo ancora una volta che ho visto uno sguardo simile. Ero su un muretto alto poco più di un metro vicino all'orto, avendo paura di saltare giù la chiamai in cerca di aiuto. Lei mi disse, continuando a raccogliere l'insalata, : "Puoi farcela da sola", allora io furibonda le risposi: "Muori strega!". Non mi rivolse la parola per 5 giorni.
Nonna anche se mi chiami "Nini", mi fai fare figure molto imbarazzanti con amici e sconosciuti, e ai pranzi racconti sempre la barzelletta della gallina, ti voglio bene. Molto di più oggi che ti sei rotta il polso.
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