mercoledì 7 settembre 2011

La zarra che aspettava con me.

La valchiria che ho visto sulla banchina della stazione di Genova Principe (nota per il fatto che fa schifo) mi è rimasta impressa nella mente. Trentanni, di quelle che non saranno mai magre, ma ci provano senza riuscirci, indossava un paio di jeans rotti color ghiaccio così bassi che le si vedeva il perizoma, a quadretti, rosso, verde e nero, con piccoli inserti in pizzo. Sopra i pantaloni sfoggiava una canottiera nera con un bel disegno di due grosse labbra, l'interno delle labbra era un pattern fatto con tante piccole bandierine inglesi, sopra la canotta, un gilet di jeans, scuro, con applicazioni di strass sulle tasche. I suoi capelli erano lunghi, ribelli, tinti di giallo, rosa, e nero (non escludo la presenza di qualche capello posticcio), il suo naso, come le sue labbra circondate di nero, e le sue tette, rifatto. Sull'avambraccio? Un tribale stile braccialetto che ben si combinava con quello enorme sulla schiena (che ho visto sempre grazie a quei jeans di cui sopra). Le sue sopracciglia disegnate, asimmetriche, le conferivano uno sguardo sempre stupito, chissà se questa fosse una scelta stilistica o meno. Ma la cosa che mi ha colpito di più è stata questa, dopo aver cercato qualcosa nella sua borsa (marca Angel Devil), si è messa una mano sotto l'ascella e se l'è annusata. A questo punto credo cercasse un deodorante in stick, ma non ne sono così sicura, il suo sguardo sempre attonito non è stato di aiuto. Credo però che il suo fosse un animo romantico, l'ho capito dalla rosa, tatuata, con tanto di gambo e spine, che fuoriusciva dal suo generoso decoltè.

Questo non è niente, in confronto.



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